29/04/14

Catarsi.

Markus "Notch" Persson, per chi non lo sapesse, è l'autore di Minecraft e di Wurm Online, oltre che di un'altra dozzina di giochi free, di vario tipo. Recentemente se n'è uscito con Drowing in Problems, un gioco tanto minimale quanto disperato, che ricorda a tratti A Dark Room, ma che fin dai primi click si presenta per quello che è: un tuffo in una sorta di disincantato esistenzialismo, in cui la vera scelta è fra bere l'amaro calice e arrivare all'inevitabile fine o uscire prima della conclusione del gioco, chiudendo la finestra e rifiutandosi di proseguire.

Chi segue Notch sa che qualche tempo fa ha perso il padre in modo piuttosto brusco e brutale. Personalmente, credo che in Drowning in Problems - nato come concorrente per il Ludum Dare  - ci sia un tentativo di elaborare il dolore, di analizzare l'esistenza tramite un processo creativo, fornendo in realtà un'unica scelta al giocatore, una scelta che non è interna al gioco ma connaturata all'attività stessa: continuare a giocare, anche quando si realizza che farlo è futile e guiderà verso l'oblio, o "uscire". E dato che il gioco "simula" la vita, uscire equivarrebbe a uccidersi. Ovviamente è un'opinione personale, non ho nessuna prova a sostegno di questa mia idea (il gioco è stato realizzato due-tre giorni fa e in giro si trovano solo speculazioni a riguardo). Potrebbe anche essere solo una provocazione o un esercizio di stile di Persson.

Però il gioco mi ha fatto venire in mente la mia prima partita a 90 Minuti di Matteo Turini, un gioco di ruolo molto toccante, che parla del rapporto padre-figlio. Si tratta di un gioco serio, non fatto per intrattenere in senso classico, né per andare incontro a un pubblico specifico. Potete tranquillamente scaricarvi l'ultima versione dal sito dell'autore.

Quando ci ho giocato, il finale è stato molto toccante, tanto che qualche astante si è messo a piangere. Non stavo giocando me stesso, stavo per l'appunto giocando di ruolo, ma come spesso succede un po' di come sono è "passato" in game, e si è intersecato con le giocate degli altri due partecipanti culminando in un finale che, per me, è stato molto catartico.
Ora, sapete quanto per me sia importante un approccio "professionale" al game design: quando io penso a un gioco, non riesco a non pensare al target, al lato produttivo, al mercato. E quando parlo con nuovi autori, insisto sempre su questi punti. Però.

Però ci sono giochi, decisamente più artistici (per una volta la diamo vinta all'amico Emiliano), che riescono ad arrivare altrove, grazie all'assenza di vincoli e catene commerciali, e che ogni tanto mi fa davvero piacere giocare, e che è maledettamente un bene che esistano.
E prima o poi toccherà anche a me, far uscire di casa il mio.