"L'arte è di gran lunga più debole della necessità."
(Eschilo)
C'è un bell'articolo su Techgnotic's Journal che parla di come non solo le consuetudini e gli standard sociali, ma anche la tecnologia tipografica degli anni '30, abbiano in qualche modo "obbligato" gli artisti dell'epoca a compiere scelte particolari, come per esempio quella di far girare Superman, l'uomo più potente del pianeta, con le mutande fuori dai pantaloni.
Riassumendo molto: all'epoca sarebbe stato poco virile lasciare la regione inguinale piatta e neutra; sarebbe stato eccessivo, però, mettere in risalto il "super-pacco". Inoltre, non si poteva giocare su ombre o espedienti simili, perché la tecnica di stampa obbligava i disegnatori a usare colori netti e linee spesse come demarcazione, per evitare che i colori, spesso poco precisi a causa dell'uso di stampanti molto economiche, "uscissero" dai confini delimitati dai contorni.
Immagino come, a un certo punto, Siegel e Shuster siano arrivati alla conclusione più funzionale.
"Oh, al diavolo, Joe. Disegnamogli le mutande sui pantaloni."
Comprensibile. Basta guardare come si coloravano le cover dei fumetti negli anni '30 e, con un po' d'immaginazione, non è difficile comprendere come un Superman senza mutande di fuori sarebbe stato assai meno cool di quello che siamo abituati a conoscere. Questo accade di continuo anche nei giochi, e non solo - com'è ovvio, dato il ruolo centrale della tecnologia - in campo videoludico: anche progettando artefatti destinati a finire su un tavolo, il game designer ha dei vincoli tecnologici (nel caso dei giochi da tavolo, i materiali, i costi di produzione, etc) e deve fare attenzione alle convenzioni (sociali, del mercato), buttando anche un occhio alle conventional rules, ossia quelle regole che il pubblico "si aspetta" in un certo tipo di genere o filone. In pratica, l'equivalente del mix fra tecniche di stampa e convenzioni sociali che hanno portato il povero Clark Kent a doversi mettere le mutande fuori dai calzoni.
In una recente intervista su Idee Ludiche è stato chiesto a Diego e a me che legame ci fosse fra GodZ e i god game videoludici come Black & White, e noi abbiamo risposto che abbiamo modellato alcuni aspetti dell'esperienza di gioco strizzando l'occhio a Populous e compagnia, citando anche i "vincoli progettuali" che ci erano stati dati, a livello di materiali e di target. Considero i vincoli un grande stimolo, ma non solo: l'altro lato della scatola, quello produttivo, è davvero interessante (e già che ci sono consiglio questo video, in cui peraltro fa capolino il mio 011), perché è una parte fondamentale di quello che sarà fisicamente il gioco.
Insomma, magari non hanno risultati appariscenti come un paio di mutande rosse fuoco su una tuta blu, ma ci sono esigenze produttive anche nel mondo del gioco da tavolo, esigenze con cui un po' tutti ci troviamo a fare i conti: gli autori, che devono adattarsi alla tecnologia a disposizione, gli editori, che ovviamente devono riuscire a realizzare quello che hanno in mente e pubblicare giochi che vendano, e i giocatori, che devono fare i conti coi prezzi di copertina (e qui potrebbe partire una lunga discussione su quale sia "il prezzo giusto" per un gioco... magari ne parliamo un'altra volta!) e che, a loro volta, sono di fatto coloro che stabiliscono le convenzioni.
Insomma, se vedete l'equivalente ludico di un paio di mutande fuori dai pantaloni, chiedetevi perché è così, come mai è stato necessario fare in quel modo, quali sono i vantaggi di quella scelta. Perché magari avete ragione, e quello che avete davanti è un matto con le mutande di fuori. Oppure è Superman.
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